La gabbia del potere
“Scroto” esplora un universo maschile popolato da uomini sempre più fragili, in crisi, schiavi delle loro stesse conquiste.
Privati della complementarietà di un femminile “concavo” e generativo, orfani di Padri autoritari e Maestri autorevoli, gli uomini sono sempre più lontani dalla selvaticità del loro “Animus” e alla ricerca continua di un Graal narcisistico.
Dell’era in cui viviamo, dominata dalla comunicazione informatica e tecnologica, intendiamo rappresentare il “maschile” attraverso le forme del potere e del controllo che agiscono come motori occulti del sistema. Funzionale a questa dinamica sociale è il meccanismo dell’individualismo che, paradossalmente, rende in apparenza l’uomo più libero e slegato dalle sue appartenenze socio-culturali, ma di fatto lo riduce alla condizione di mero consumatore e lo priva della sua più autentica capacità creativa.
Gli uomini, costretti a una vicinanza fittizia, sono in realtà soli, vittime di un principio maschile impazzito, enfatizzato e fagocizzante: schiavi di una tecnocrazia che agisce attraverso maglie sottili e immateriali creando bisogni indotti e massificanti, mascherati dal principio della libertà e della scelta individuale, aizzando ”gli uni contro gli altri pretendendo di offrir loro il mezzo per sottrarsi al destino comune” (André Gorz).
Il “maschio” perde la sua selvaticità entrando in una crisi che mette a rischio l’identità dell’uomo contemporaneo, sia per la mancata trasmissione culturale tra padre e figlio, sia, soprattutto, per la conseguente crescita dei figli in una società femminilizzata che genera l’uomo dolce, “il maschietto delicato”.
E’ questo il meccanismo che Scroto tenta di svelare attraverso il gioco teatrale: rappresentando il “maschio”, nei suoi diversi “ideal-tipi”, chiuso in gabbia, dove l’identificazione con la massa e l’unicità più intima si scontrano in una lotta sfrenata per la sopravvivenza. Un maschio in gabbia, stritolato nelle morse dei propri istinti, i cui desideri implosi si esprimono nella forma di una ferinità animalesca.
Gabbie come prigioni emotive, dove soffocano gli istinti più profondi e i pensieri più segreti, spazi inconsci, rappresentazioni simboliche che rinchiudono pulsioni e aspetti più intimi della nostra esistenza. Il maschio è caduto in trappola, come un cane randagio, solo e con un’infinita fame d’amore.
I suoi occhi, esprimono tristezza, rabbia e nessuna esitazione ad azzannare.
Proprio come i cani, rinchiusi e sterminati nei canili municipali, così gli uomini vivono oggi senza libertà in metropoli governate dalla forza e dalla corruzione. Esistono ancora “cani sciolti”?
NEXT laboratorio delle idee per OLTRE IL PALCOSCENICO
Promosso da Regione Lombardia – Assessorato alle Culture, Identità e Autonomie e da Ministero per i Beni e le Attività Culturali, AGIS.
Credits
Soggetto e Regia: Aldo Cassano
Drammaturgia: Antonio Spitaleri, Aldo Cassano
Performers: Ubaldo Talarico, Christian Russo, William Lecis
Voce: Aldo Cassano
Training e azioni: Natascia Curci
Scene: Federico Molendini
Tecnica: Enzo Badalamenti
Elaborazione audio: Luigi Galmozzi, Beppe Sordi