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Vincitore Bando NEXT 2024/25 Regione Lombardia e Fondazione Cariplo

Schiavo d’amore è un body horror che affronta il tema delle disuguaglianze sociali della società occidentale.
Al centro del racconto il rapporto sadomasochista fra due personaggi in divenire: una badante dal background migratorio e il suo ricco datore di lavoro. Il loro legame nasce fra le maglie di un accordo economico per poi trasformarsi in una relazione selvaggia e non rassicurante.
Leopoldo, un uomo bianco del Nord del mondo, dotato di tutti i privilegi per diritto di nascita cerca la felicità nel dolore e nell’umiliazione: è un masochista. Betty, una donna dal passato migratorio, che ha sofferto povertà e discriminazione, lavora come badante del padre infermo di Leopoldo e cova sentimenti di rivolta. Dopo il funerale del padre, Leopoldo decide di tenere la badante con sé, offrendole un particolare contratto di lavoro come sua “padrona”.Questa relazione rovesciata, a metà fra un accordo economico e un amore disperatissimo, genera\\ legami che scardinano l’illusione del mondo “civilizzato”. Leopoldo e Betty partiranno per andare alla casa di lei per badare alla madre malata e da là comincerà una inquietante metamorfosi dei corpi e dei rapporti. Per raccontare quello che accade c’è bisogno dell’iperbole, di forme che deviano dalla rappresentazione tradizionale. Imparare a vivere e morire insieme, curare i nostri malati, coltivare legami che non sono solo quelli familiari ma parentele che nascono da alleanze imprevedibili che sfuggono alla mercificazione è una sfida per il futuro.
Il “contratto d’amore” fra Betty e Leopoldo si ispira alle opere di Leopold von Sacher Masoch, padre del masochismo in letteratura./p>

Credits

Regia: Aldo Cassano
Drammaturgia: Magdalena Barile
Con: Natascia Curci, Miltun Dapcevic

Sound designer: Antonio Spitaleri
Costumi: Lucia Lapolla
Luci: Giuseppe Sordi
Scenografia: Nani Waltz

Organizzazione: Vanessa Radrizzani

Si ringrazia Antonio Calbi e Istituto Italiano di Cultura Parigi, Luca Mannucci, Giorgia Bolognani
Sostenuto da Comune di Milano Cultura

Press

NEXT: le pillole delle produzioni lombarde del 2025 By Tommaso Chimenti - Ed eccoci al primo dei tre migliori venti minuti visti nella due giorni meneghina: i vincitori morali. Possiamo dire che gli Animanera, dopo tanto teatro verità, fanno teatro nell’accezione più alta del termine: ci sono degli attori, un testo, una scena usata e sfruttata e poi ironia e sarcasmo bilanciate con la profondità di un ragionamento, il tutto con quella fiction che rende la pratica del teatro ancora più pervicace e introiettante, invasiva e corrosiva. Il torsolo degli Animanera, lo dice il nome ma la loro coerenza negli anni è encomiabile, è quel gusto dark, di nebulosa e nebbia ambigua, una cupezza tra Depeche Mode e Cure, quell’abisso ogni volta sfiorato ed evocato, quel trash che crea empatia, quell’horror che sfocia nel grottesco e che perdoni sempre. Con Schiavo d’amore (prod. Animanera E.T.S., testo di Magdalena Barile, regia di Aldo Cassano, con Natascia Curci e Milutin Dapcevic), ispirato all’opera di Sacher Masoch, ci portano dentro le influenze, il bordeline, tutto il kitsch, quel gusto per l’orrido, quella violenza psicologica che ci attrae e ci respinge, dalla quale siamo affascinati e allo stesso tempo impauriti perché è lì che perdiamo i nostri punti di riferimenti borghesi. Gli Animanera mettono in scena le pulsioni più nascoste di ognuno di noi pallidi individui che rispettano le regole e la logica, sono il latex, sono la cerniera, sono l’indicibile, sono la penombra, mai il buio. Una badante e il figlio della signora invalida (Dapcevic è un raggiante, conturbante e radioso mix tra Tommaso Ragno, Owen Wilson e il biondo dei poliziotti californiani in motocicletta, i Chips) si scambiano i ruoli tra carnefice e vittima, tra paure che diventano piacere, pudicizie che si traslano in godimenti. Padrone e schiavo, i maltrattamenti, il caos, le umiliazioni chieste, pregate, volute, le quattro zampe, il sadomasochismo, le sculacciate, i tacchi a spillo, la sofferenza, il transfert psicoanalitico, il tutto contribuisce ad un sapore dannunziano, ad un’eccitazione sotterranea che tracima fino alla platea. Interessante e divertente. Altro che le 50 sfumature. Cosa chiedere di più? Curiosi di vederlo nella sua versione compiuta.